• Crisantello per la corretta funzionalità del fegato

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    Crisantello per la corretta funzionalità del fegato

    Il crisantello (Chrysanthellum americanum) è una pianta erbacea ampiamente usata in fitoterapia per le sue numerose proprietà utili principalmente per la corretta funzionalità del fegato. La somministrazione del rimedio erboristico ad uso interno è raccomandato per poter beneficiare delle sue proprietà epatoprotettrici, angioprotettrici, antiedematose, antiossidanti, mentre per uso esterno viene indicato per beneficiare dell’azione capillarotrope con lo scopo di migliorare l’attività del microcircolo. Il trattamento a base di crisantello è indicato per la cura di diversi disturbi tra cui: l’insufficienza venosa, l’insufficienza biliare, la litiasi renale o biliare, il dismetabolismo lipoproteico. Le virtù della pianta sono sintetizzate nei suoi principi attivi che comprendono le seguenti sostanze:  acido caffeico, olio essenziale, acido clorogenico, saponine, flavonoidi. Nella moderna fitoterapia questa pianta della famiglia delle composite viene impiega in diverse formulazioni, ed infatti viene usato sottoforma di estratti secchi titolati, di capsule, di tisane e di tintura madre. Per maggiori informazioni si rimanda alla lettura dell’articolo Aloe arborescens per regolarizzare i valori di bilirubina.

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  • Cancro del rene: tumori benigni e tumori maligni

    Cancro del rene come si sviluppa

    In genere il cancro del rene ha origine dalla proliferazione smisurata delle cellule che rivestono le formazioni tubulari che hanno il compito di filtrare il sangue per eliminare le sostanze di rifiuto liquide prodotte dall’organismo e poi espulse attraverso le urine come prodotto finale della filtrazione renale. Le formazioni neoplastiche oltre a coinvolgere le cellule dei tubuli, possono talvolta interessare  altri tessuti o la capsula di rivestimento dell’organo stesso. Anche in questo caso si vengono a distinguere tumori benigni e tumori maligni di natura cancerosa: i primi  a livello clinico assumono principalmente  la morfologia di cisti che di solito non destano preoccupazioni eccessive visto che si tratta di formazioni da poter trattare farmacologicamente oppure da asportare, anche se non si tratta di tumori che recidivano oppure che formano metastasi invadendo tessuti circostanti; invece i tumori maligni sono considerati a livello clinico più gravi dal momento che possono recidivare ed invadere tessuti ed organi circostanti, in questo caso le cellule tumorali possono attaccare altre zone del corpo. Altre notizie su Ligandina: il ruolo della proteina epatica.

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  • Leptospirosi quadro clinico

    Leptospirosi eziopatogenesi

    Tra le diverse condizioni che possono provocare la comparsa dell’ittero bisogna segnalare anche la leptospirosi, nota comunemente con diversi termini tra cui febbre da campo, si tratta di un’infezione  acuta a carattere sistemico e di tipo vasculitico. L’insorgenza di questa malattia infettiva è dovuta  causata da batteri spirochete, ossia dalla caratteristica forma di spirale, appartenenti al genere Leptospira  che ha nelle acque stagnanti il suo habitat naturale privilegiato. La specifica tassonomia di questa famiglia di batteri  menziona dieci tipi di leptospira che possono infettare l’uomo sviluppando la leptospirosi, ed in particolare  il contagio si viene a verificare da animali domestici e selvatici, comunemente i roditori; l’infezione da animale ad uomo viene veicolata tramite l’urina dell’animale ed eventuali ferite presenti sulla cute, negli occhi, nella bocca, nel naso o nella vagina. Quando aggrediscono l’uomo le diverse  specie di batteri scatenano delle malattie infettive che provocano una serie variegata di manifestazioni sintomatiche, anche se in genere i sintomi possono variare, i più indicativi sono costituiti da: mal di testa, dolori muscolari, febbre, ittero, insufficienza renale, eventuale emorragia dai polmoni, meningite. Maggiori notizie su Carcinoma dell’ampolla di Vater patogenesi. Continue reading

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  • Aloe arborescens per regolarizzare i valori di bilirubina

    Aloe arborescens per regolarizzare i valori di bilirubina

    La varietà dell’aloe arborescens presenta un’elevata concentrazione di principi attivi utili anche per regolarizzare i valori di bilirubina. Questa pianta è infatti ricca di principi attivi da ascrivere alla presenza di aminoacidi essenziali, acido acetilsalicilico, colina, vitamine, sali minerali (manganese, ferro, boro, cromo, magnesio, selenio, zinco). In ambito erboristico questo rimedio fitoterapico viene usato per normalizzazione i parametri biochimici e funzionali dell’organismo in caso di patologie degenerative ed anche in presenza di diversi disturbi che coinvolgono diversi organi del corpo. Per cui oltre  a normalizzazione i valori della bilirubina permette di regolarizzazione la produzione di acido urico, inoltre i principi della pianta determinano la regolarizzazione della concentrazione di minerali. Tra le altre funzioni benefiche svolte dall’aloe arborescens bisogna segnalare l’azione protettiva a livello gastroenterico, epatico e renale; i soggetti che hanno il colesterolo alto attraverso questo rimedio possono regolarizzare i valori del colesterolo totale e favorire la riduzione dei trigliceridi, determinando anche una normalizzazione dei glucosio nei pazienti diabetici. La pianta viene inoltre consigliata per favorire la stimolazione immunitaria, attivando le difese immunitarie in caso di infezioni acute, consentendo anche di ripristinare l’equilibrio linfocitario in caso di malattie infettive croniche. Per maggiori notizie si rimanda alla lettura dell’articolo Bilirubina alta cause a livello epatico.

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  • Bilirubina di-glucuronide cosa si intende

    Bilirubina di-glucuronide

    Si indica con il termine bilirubina di-glucuronide quella fazione solubile in acqua che viene secreta nella bile. In particolare la cellula epatica tramite trasporto attivo viene portata nei canalicoli biliari, dopo un pasto particolarmente ricco la bile attraverso lo sfintere di Oddi passa nell’intestino, diversamente la bile finisce per essere raccolta all’interno della cistifellea in attesa di essere successivamente rilasciata. All’interno dell’intestino la bilirubina di-glucuronide viene idrolizzata da una beta-glucuronidasi in acido glucuronico e bilirubina che attraverso il coinvolgimento degli enzimi batterici viene trasformata in urobilinogeno, il quale viene riassorbito in piccola quota dall’intestino per essere espulso in seguito con l’urina sotto forma di urobilina, che costituisce un prodotto di ossidazione dell’urobilinogeno; la restante quota invece prosegue il suo transito a livello intestinale e nel crasso dove si trasforma in stercobilinogeno per essere poi eliminato con le feci sotto forma di stercobilina, che conferisce il tipico colare scuro delle feci. Una parte di bilirubina viene riassorbita nell’intestino e trasportata al fegato per legarsi con l’acido glucuronico attraverso il circolo enteroepatico dei pigmenti biliari. Per altre informazioni si rimanda alla lettura di Fegato bilirubina: come viene processata. Continue reading

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  • Ligandina: il ruolo della proteina epatica

    Ligandina come si attiva la proteina vettrice epatica

    La proteina vettrice epatica ligandina è una frazione non albuminica il cui compito principale è quello di legare e di veicolare la bilirubina ed anche i corticoidi; di questa proteina epatica esistono due tipi: la ligandina Y e la lingandina Z. A livello renale la bilirubina indiretta che non è legata all’albumina non viene filtrata dai glomeruli, non si ritrova nelle urine,  invece la frazione coniugata o diretta non si coniuga con l’albumina, ma essendo idrosolubile passa il filtro glomerulare per cui non si riversa nelle urine. Nello specifico le cellule epatociti, presenti nel fegato, catturano la bilirubina indiretta dopo che si è dissociata dall’albumina, la assimilano per diffusione o trasporto attivo attraverso la membrana plasmatica, allo stesso tempo inibiscono il reflusso nel sangue attraverso il legame con la ligandina. Questa proteina epatica responsabile del trasporto della bilirubina può essere associata ad un deficit ereditario: in presenza di un difetto di tale proteina vettrice si manifesta con il quadro clinico della sindrome di Gilbert, ossia una condizione patologica congenita benigna ad andamento cronico, nello specifico l’iperbilirubinemia è relativa alla frazione indiretta che trova nella manifestazione del subittero scerale il sintomo più peculiare. Per maggiori informazioni si rimanda alla lettura dell’articolo Bilirubina indiretta alta nella sindrome di Gilbert. Continue reading

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  • Difetto congenito della sintesi degli acidi biliari tipo 1

    Difetto congenito della sintesi degli acidi biliari tipo 1

    In presenza del difetto congenito della sintesi degli acidi biliari tipo 1, noto in ambito clinico come difetto della BAS tipo 1, il soggetto evidenzia un difetto nel processo di sintesi degli acidi biliari caratterizzata da epatopatia colestatica progressiva e malassorbimento dei grassi. Si tratta di una malattia autosomica recessiva dovuta ad una mutazione nel gene che codifica per la 3-beta-idrossi-delta-5-C27 steroido ossidoreduttasi (HSD3B7, 16p12-p11.2). Il quadro clinico della malattia ad esordio precoce, che di solito è connesso con la colestasi neonatale, evidenzia una variegata serie di sintomi che si caratterizza per: insorgenza dell’itterizia, epatomegalia con o senza splenomegalia, malassorbimento dei grassi e delle vitamine grasso-solubili, steatorrea moderata. Talvolta si assiste ad un aggravamento del difetto congenito della sintesi degli acidi biliari tipo 1 a causa dell’insorgenza della forma fulminante che necessita di un trapianto epatico. In alcuni casi la malattia si presenta come una colestasi epatica ad esordio tardivo associato ad un malassorbimento delle vitamine grasso-solubili con rachitismo, oppure diatesi emorragica, distrofia neuroassonale e la cecità notturna. Per altre notizie si rimanda alla lettura dell’articolo Tumore al fegato forme e sintomi.

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  • Cicoria azione depurativa ed altre proprietà

    Cicoria azione depurativa

    Sin dall’antichità, la tradizione popolare consiglia di trattare eventuali problemi a livello epatico e della cistifellea con diversi rimedi naturali tra cui la cicoria (Chihorium intybus), che favorisce un’azione  depurativa del sangue inoltre permette di eliminare le tossine dal fegato, in più stimola la digestione e la secrezione del pancreas; i principi attivi presenti in questa pianta perenne commestibile hanno la capacità di regolare la quantità di glucosio in circolo all’interno dell’organismo ma anche di normalizzare il livello di colesterolo. La composizione di questa pianta prevede la presenza di diverse sostanze che si concentrano principalmente nella radice, si tratta di composti quali: inulina, colina, tannino, cicorina, acido cicorico, amido, protidi, sali minerali e vitamine B, C, K, P. Grazie alla presenza di una buona dose di tannino la cicoria attiva una valida azione astringente e disintossicante, a cui si aggiunge poi un valido effetto di tipo antibiotico. Per maggiori informazioni si rimanda alla lettura dell’articolo Bile densa cosa implica. Continue reading

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  • Carcinoma dell’ampolla di Vater patogenesi

    Carcinoma dell’ampolla di Vater

    Il complesso ampollare può essere interessato dalla formazione di diversi tipo di tumori che in genere possono comparire nel tratto finale del coledoco, dove si ha il passaggio attraverso la parete del duodeno e la papilla di Vater da cui il nome: carcinoma dell’ampolla di Vater. In ambito clinico si parla di carcinomi della papilla di Vater in quanto la sede della neoplasia può manifestarsi nel lume, nelle pareti della componente ampollare del dotto pancreatico principale oppure della via biliare intrapancreatica, in alcuni casi invece può presentarsi nella mucosa che riveste l’orifizio papillare in duodeno. Inoltre la classificazione di tali neoplasie si basa anche sulla considerazione delle stesse caratteristiche istopatologiche  per cui si riscontra il sottotipo intestinale ed il sottotipo pancreatobiliare, che si differenziano anche per un differente esito della prognosi che si dimostra più favorevole in caso di neoplasie di tipo intestinale. In presenza di adenocarcinomi della papilla che emergono in vicinanza dello sbocco del dotto pancreatico e della via biliare principale il paziente manifesta una serie di sintomi caratteristici quali: insorgenza dell’ittero ostruttivo, disturbi digestivi di carattere generale, casi di pancreatite acuta. Per altre notizie si rimanda alla lettura dell’articolo Fegato cisti semplici: trattamento ed altre forme.

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  • Fegato cisti semplici: trattamento ed altre forme

    Fegato cisti semplici

    In alcuni casi nel fegato possono essere presenti delle vescicole contenenti del liquido e materiale solido si tratta di formazioni di cisti semplici, il cui contenuto viene prodotto dalla loro parete. A differenza delle altre tipologie di cisti epatiche, quelle semplici non devono destare eccessive preoccupazioni dal momento che si tratta di un problema piuttosto comune che si palesa in particolare tra i soggetti di età avanzata, di solito la loro presenza non causa sintomi o fastidi. Ancora non è nota l’eziologia certa della formazione di queste vescicole a livello epatico, anche se l’ipotesi più accreditata afferma che la comparsa delle cisti dipenda da alcuni problemi congeniti che provocano la morte o la degenerazione di un numero esiguo di cellule epatiche: questo porterebbe alla formazione di piccoli noduli che dilatandosi creerebbero tali formazioni. Nella maggior parte dei casi il soggetto non risente di alcuna manifestazione sintomatologica per non è necessario nessun trattamento, quando però causano dolore si fa ricorso di solito ad un intervento di tipo chirurgico che consiste nell’incisione della parete della cisti e nel drenaggio del contenuto nella cavità addominale dove viene riassorbito. Per altre notizie si rimanda alla lettura di Tumore al fegato forme e sintomi.

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