• Crisi di coppia? Fatti aiutare dallo psicologo

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    Nella frenesia della vita moderna, riuscire a mantenere un equilibrio tra lavoro, responsabilità e vita personale rappresenta una sfida sempre più complessa e sfaccettata. Spesso e volentieri, infatti, i rapporti più preziosi come quelli di coppia tendono a risentire dei ritmi serrati della quotidianità, lasciando spazio a incomprensioni e tensioni. In questo frangente, purtroppo, anche le relazioni più solide possono attraversare dei momenti di crisi, all’interno dei quali le difficoltà appaiono quasi insormontabili e il dialogo perde la naturale fluidità che l’aveva contraddistinto fino ad allora. Insomma, queste tempeste emotive possono essere molto difficili da gestire e intensamente travolgenti. Ciò nonostante, non devono necessariamente segnare la fine di una storia. Quando il peso delle difficoltà diventa difficile da gestire in autonomia, però, è necessario sapere che è possibile rivolgersi a dei professionisti e intraprendere un percorso di terapia di coppia. Psicologi e terapeuti specializzati, infatti, possono offrire un sostegno concreto e fornire gli strumenti utili a comprendere le dinamiche della crisi e a ricostruire un legame consapevole e sereno col partner. Riuscire a rivolgersi ad un professionista non è solo un atto d’amore, ma anche uno step importante per poter ritrovare l’armonia e preservare il rapporto con la propria persona. Scopriamo di seguito alcuni cenni e nozioni con cui riconoscere l’eventuale bisogno di un professionista specializzato nella terapia di coppia.

    Quando c’è bisogno della terapia di coppia? I segnali che ti aiutano a riconoscere l’entità della crisi

    È importante puntualizzare sul fatto che le difficoltà all’interno di una relazione di coppia possano manifestarsi in maniera differente, rendendo non sempre semplice riconoscere quando la situazione richiede un intervento esterno professionale. Molto spesso, anzi, i segnali di una crisi profonda tendono ad accumularsi nel corso del tempo, passando inosservati o venendo minimizzati, talvolta, anche dai ritmi incessanti della routine quotidiana. Ciò nonostante, prestare attenzione a determinati indicatori permette di decidere di intraprendere un percorso di terapia di coppia, facendo la differenza nella risoluzione stessa delle suddette problematiche.

    Tra i segnali più comuni di simili fattispecie avverse per dinamiche di coppia sane, troviamo sicuramente la perdita di una comunicazione efficace, con conversazioni che tendono a trasformarsi troppo facilmente in litigi o, peggio, in silenzi prolungati. Se si percepisce il senso di distanza emotiva con l’altro al punto che questo diventa insopportabile o l’intimità si riduce in maniera drastica, poi, si riscontra un ulteriore campanello d’allarme impossibile da ignorare. Infine, possiamo annoverare la sensazione di essere intrappolati in un ciclo di conflitti irrisolti, rendendo impossibile la condivisione degli obiettivi comuni. Il riconoscimento di simili sintomi può rappresentare la possibilità di lavorare per ricostruire la relazione su basi più solide e affrontare in maniera sana ed equilibrata le difficoltà, piuttosto che come il fallimento del proprio rapporto.

    I vantaggi della terapia di coppia: ecco tutto ciò che c’è da sapere al riguardo

    Come già precedentemente accennato, la terapia di coppia rappresenta una preziosa opportunità per poter affrontare le difficoltà relazionali e migliorare il benessere emotivo di una coppia. Sono diversi i vantaggi arrecati da un simile percorso. Tra questi, possiamo sicuramente menzionare la possibilità di esplorare le proprie frustrazioni in uno spazio sicuro e neutrale in cui sviluppare una comunicazione ottimizzata, esprimere i propri pensieri e sentimenti e non percepire il peso del giudizio da parte di persone esterne o del proprio partner.

    Attraverso il supporto di un professionista esperto, la coppia può imparare a comunicare in maniera efficace, con empatia e mostrando una maggiore comprensione reciproca. La terapia aiuta a identificare i modelli di comportamento dannosi e fornisce gli strumenti utili per affrontare in maniera costruttiva i conflitti, riducendo il rischio che questi sfocino ancora in una crisi.

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  • Considera l’integrazione di Omega 3 per la salute del tuo bambino

    Una mamma sana deve preparare le riserve di nutrienti del suo corpo nel modo più adeguato possibile prima del concepimento. Oltre a prendere una vitamina prenatale, le donne devono considerare anche un integratore di acidi grassi omega 3 prenatale. Gli acidi grassi Omega-3 sono grassi essenziali, con EPA e DHA, presenti nei pesci, che sono i più importanti.

    Quando dovrei iniziare a prendere Omega-3 e per quanto tempo?

    Un olio di pesce omega-3 puro e di alta qualità dovrebbe essere incluso nel regime di supplemento di una donna prima e durante la gravidanza, così come durante l’ allattamento. Sia l’EPA che il DHA sono importanti, ma il DHA è particolarmente importante durante la gravidanza e durante le prime fasi della vita di un bambino.

    Questi grassi omega-3 sono chiamati grassi essenziali perché non sono sintetizzati dal corpo e devono essere ottenuti attraverso la dieta o l’integrazione. Le donne dovrebbero pensare almeno sei mesi prima del concepimento di costruire questo importante grasso essenziale e anche considerare che le gravidanze multiple, specialmente quelle che sono vicine tra loro, possono esaurire la riserva della madre di acidi grassi omega-3 e DHA in particolare.

    Non posso semplicemente mangiare pesce ogni giorno?

    In realtà no. Tuttavia, la FDA raccomanda che le donne che sono incinte, che allattano o pianificano di rimanere incinte consumino da 2 a 3 porzioni di pesce a basso contenuto di mercurio a settimana. Tuttavia, poiché vi è qualche preoccupazione riguardo alla presenza di metalli pesanti, come il mercurio, in alcuni tipi di pesce, ciò crea un problema per le donne che stanno evitando il pesce proprio quando hanno più bisogno del DHA. Gli integratori per la gravidanza di olio di pesce è diventata una fonte affidabile per un modo sicuro e puro per ottenere EPA e DHA.

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    Cosa fa il DHA per il mio bambino?

    Il DHA è essenziale per garantire uno sviluppo ottimale del cervello, degli occhi, del sistema immunitario e del sistema nervoso. L’assunzione di pre-concezione degli acidi grassi omega-3 è importante, ma ricorda che è anche importante mantenere livelli sufficienti durante l’intera gravidanza. Il DHA diminuisce durante la gravidanza nella madre poiché viene trasferito selettivamente al feto.

    Nel terzo trimestre, si verifica la maggiore quantità di sviluppo del cervello e il DHA viene trasferito a un ritmo ancora più elevato da madre a figlio in questo momento. Questa ridistribuzione del DHA è essenziale per garantire uno sviluppo ottimale del cervello, degli occhi, del sistema immunitario e del sistema nervoso, ma può lasciare la madre impoverita e a rischio di problemi associati alla deficienza di acidi grassi essenziali, come la depressione post partum.

    Cos’altro farà il DHA per il mio bambino?

    Ottenere abbastanza DHA durante la gravidanza può migliorare il comportamento, l’attenzione, la concentrazione e l’apprendimento nei bambini. Altri benefici connessi ad un livello adeguato di DHA durante la gravidanza sono un ridotto rischio di allergie nei neonati e un’influenza positiva sullo sviluppo immunitario.

    I livelli di DHA cerebrale inferiore sono associati a deficit cognitivi e ad aumentati indicatori comportamentali di ansia, aggressività e depressione nei bambini. L’olio di pesce è una fonte naturale e sicura di DHA, ideale per la gravidanza e l’allattamento. Gli esperti internazionali raccomandano 300-600 mg di DHA al giorno per le donne in gravidanza e in allattamento.

    Assicurati di utilizzare un prodotto a base di olio di pesce di alta qualità accuratamente trattato per rimuovere contaminanti ambientali come metalli pesanti, PCB e diossine. Gli studi hanno concluso che l’olio di pesce può essere una fonte più sana di DHA rispetto ai pesci perché le tossine ambientali possono essere rimosse dall’olio di pesce.

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  • Microalbuminuria quale significato offre clinicamente

    Microalbuminuria quale significato offre clinicamente

    Dal punto di vista clinico si riscontra microalbuminuria quando si rileva la presenza di albumina seppur limitata ma significativa nell’urina, una proteina presente normalmente in maggior concentrazione nel sangue ma in caso di alterazioni della funzione renale l’albumina può riversarsi anche nell’urina. La microalbuminuria viene considerato un parametro importante clinicamente in quanto costituisce un indicatore precoce di nefropatia diabetica, la condizione di iperglicemia cronica può causare danni a carico dei piccoli vasi capillari che costituiscono il glomerulo renale, con aumento della loro permeabilità: i glomeruli risentono dell’alterazione della loro attività di filtrazione, questa compromessione della funzionalità determina il passaggio di proteine. A causa della compromessa integrità del sistema vascolare del rene provoca il passaggio delle sostanze normalmente trattenute nel sangue nelle urine. L’esigua quantità di albumina riscontrata, che rientra sotto la calssificazione di microalbuminuria si attesta su valori di eliminazione pari a 20-200 µg al minuto (30-300 mg/die), in caso di livelli superiori  si parla invece di albuminuria franca o di nefropatia conclamata. Per maggiori informazioni su questo argomento si rimanda alla lettura di http://www.my-personaltrainer.it/salute/microalbuminuria.html. Continue reading

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  • Incompatibilità di gruppo AB0 ittero

    Incompatibilità di gruppo AB0 ittero

    Una variante della eritroblastosi fetale è rappresentata dall’incompatibilità di gruppo AB0, in tal caso si registra l’insorgenza dell’ittero da incompatibilità tra madre e feto, un’evenienza che si verifica più comunemente se la madre ha gruppo sanguigno 0 ed il feto ha gruppo A o B. Questa malattia non è dovuta ad incompatibilità del fattore Rh ma all’incompatibilità di gruppo AB0 con decorso solitamente benigno. in quanto l’emolisi nel figlio non è severa per la scarsa espressione degli antigeni A e B sulle emazie del neonato. I globuli rossi presentano sulla superficie degli antigeni (A e B) che definiscono così il gruppo sanguigno (0 in caso di assenza), i casi di incompatibilità tra madre e feto si vengono ad evidenziare più comunementesoprattutto se la madre ha gruppo 0 ed il feto ha gruppo A o B; si possono registrare casi di incompatibilità anche tra madre di gruppo A e feto di gruppo B oppure se la madre ha gruppo sanguigno B ed il feto A. Per approfondimenti su tale argomento si rimanda alla lettura di http://www.mammaepapa.it/salute/p.asp?nfile=ittero_da_incompatibilita_ab0. Continue reading

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  • Eritroblastosi fetale come si evidenzia

    Eritroblastosi fetale come si evidenzia

    Una forma particolare di reazione di ipersensibilità è rappresentata dall’eritroblastosi fetale (malattia emolitica del neonato – MEN) una malattia fetale che tende a insorgere nei neonati che nascono da madre Rh negativa e padre Rh positivo a condizione che il feto sia Rh positivo. Per definire questa condizione si parla anche di malattia emolitica anti-D, per la presenza nel circolo di anticorpi anti-D di origine materna, che si sviluppano dopo una prima gravidanza attraverso scambi di sangue tra madre e feto: per il sistema AB0 esistono anticorpi contro gli antigeni presenti sulla membrana degli eritrociti, per il gruppo Rh invece gli anticorpi anti D si formano dopo un contatto diretto con l’antigene. In genere gli scambi di sangue tra madre e feto si verifica al momento della nascita, invece durante la gestazione gli acsmbi ematici sono limitati a piccole quantità per cui non sono capaci di attivare una risposta primaria; tutto dipende dalla quantità di sangue fetale passata nel circolo materno che può essere consistente in caso di parto cesareo, tra le condizioni che possono favorire l’ingresso di cellule ematiche fetali nel sistema circolatorio della madre ci sono casi di: aborti spontanei e indotti, placenta previa, gravidanze ectopiche, traumi placentari, amniocentesi, analisi dei villi coriali. Altre informazioni su http://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/ginecologia-e-ostetricia/anomalie-della-gravidanza/eritroblastosi-fetale. Continue reading

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  • Quadro patologico dell’insufficienza epatica

    Quadro patologico dell’insufficienza epatica

    Il quadro patologico dell’insufficienza epatica evidenzia una grave condizione che si riferisce al cattivo funzionamento del fegato, dal momento che l’organo non è più in grado di svolgere normalmente le sue funzioni metaboliche, un’anomalia che determina la compromissione dell’omeostasi dell’organismo da cui dipendono delle complicanze di diversa entità. L’insufficienza epatica si manifesta come forma acuta e come forma cronica; nel casi di insufficienza epatica acuta si assiste ad una manifestazione rapida della patologia, con sviluppo in alcuni casi reversibile; mentre la forma cronica ha un decorso progressivo e può determinare nei casi avanzati l’insorgenza di cirrosi e di carcinoma. Il paziente colpito da questa condizione patologica lamenta dei segni clinici caratteristici che includono: ittero, causato dall’accumulo di bilirubina nel sangue; alterazione della funzione coagulante del sangue; emorragie, ematomi, ecchimosi e petecchie provocati dalla condizione di coagulopatia; edema cerebrale determinato da una concentrazione eccessiva di liquidi negli spazi intra- ed extra-cellulari del cervello; infiammazione sistemica; insufficienza renale; compromissione emodinamica e cardiorespiratoria; disordini metabolici (iponatriemia, ipoglicemia, ipokaliemia, ipofosfatemia); encefalopatia, ossia sofferenza cerebrale che può aggravarsi portando al coma ed alla morte. Altre notizie su http://www.my-personaltrainer.it/fegato/insufficienza-epatica.html. Continue reading

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  • Virus epatitici: maggiori e minori

    Virus epatitici: maggiori e minori

    È possibile classificare le principali patologie a livello epatico identificando i patogeni responsabili, generalmente in presenza di epatiti i principali responsabili sono degli specifici virus epatitici. Si tratta dunque di un gruppo di virus appartenenti a famiglie diverse in grado di attivare il quadro clinico delle epatiti virali. Si vengono a così a distinguere due gruppi: quello dei virus epatitici maggiori o primari e quello dei virus epatitici minori o secondari. I virus epatitici maggiori sono agenti epatotropi, ossia presentano uno specifico tropismo per il fegato che rappresenta la sede principale della loro replicazione, in caso di focus infettivo si evidenziano i segni clinici riconducibili all’epatite, in alcuni casi possono essere presenti altre condizioni morbose; vengono considerati virus epatitici maggiori quelli che attivano le epatiti A, B, C, D ed E, a cui si aggiungono i più recenti virus che sono stati scoperti negli ultimi anni e che sono contraddistinti  da lettere successive alla E. Per altre informazioni si rimanda alla lettura di http://www.fisioterapiarubiera.com/microbiologia-e-virologia/virus-dell-epatite/. Continue reading

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  • Steatoepatite non alcolica come si evidenzia

    Steatoepatite non alcolica come si evidenzia

    La patologia epatica grassa non alcoolica si evidenzia con l’accumulo di grasso nel fegato, pur in assenza di consumo di alcolici, e si vengono a distinguere due tipi di steatosi epatica non alcolica: il fegato grasso (NAFL) e la steatoepatite non alcolica (NASH). La condizione di steatoepatite non alcolica si caratterizza per la presenza di grasso in eccesso associato ad un processo di infiammazione cronica a carico del fegato che nel tempo può provocare danni cellulari che possono talvolta evolvere verso processi cicatriziali irreversibili che sfociano nel quadro clinico della cirrosi epatica. Dal punto di vista eziologico, non sono ancora del tutto noti i meccanismi che mettono in relazione la presenza di grasso e l’infiammazione, inoltre non sono note le ragioni per cui alcuni pazienti colpiti da fegato grasso vanno incontro a complicazioni. In genere i soggetti che evidenziano steatoepatite non alcolica non presentano nella fase iniziale sintomi, mentre le manifestazioni tendono a palesarsi nelle fasi più avanzate della malattia quando sono più severi i danni a carico del fegato. Per letture di approfondimento si rimanda alla lettura di http://www.farmacoecura.it/malattie/steatoepatite-non-alcolica-nash-sintomi-diagnosi-terapia/#steps_2. Continue reading

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  • Pancreatoblastoma come si manifesta

    Pancreatoblastoma come si manifesta

    Un raro tumore pancreatico del bambino come il pancreatoblastoma è un tumore maligno che ha origine dalle cellule pimordiali della ghiandola pancreatica e che può svilupparsi in qualsiasi parte del pancreas, con localizzazione più frequente sulla testa o sul corpo, il decorso della neoplasia determina un aumento delle dimensioni con infiltrazione delle strutture limitrofe. Questo tumore del pancreas tende a colpire soprattutto i bambini di età inferiore ai 10 anni, con un picco di incidenza attorno ai 5 anni, per quanto riguarda l’eziologia, al momento le cause certe non sono conosciute anche se questa forma di tumore pancreatico si registra in alcuni bambini che presentano la sindrome di Beckwith-Wiedeman (una malattia genetica che determina iperaccrescimento, predisposizione ai tumori e malformazioni di tipo congenito). Il pancreatoblastoma comprende sintomi caratteristici quali: dolore nella parte superiore dell’addome, vomito, perdita di peso, ittero, sanguinamento gastrointestinale; in genere la manifestazione della sintomatologia è dovuta all’ostruzione meccanica della parte superiore del duodeno e del contorno gastrico da parte del tumore della testa del pancreas questa condizione determina lo sviluppo di vomito, itterizia, emorragia gastrointestinale, perdita di peso. Per maggiori informazioni si rimanda alla lettura di http://www.raretumors-children.eu/wp-content/uploads/sites/3/2016/09/Pancreatoblastoma.pdf. Continue reading

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  • Encefalopatia bilirubinica come si evidenzia

    Encefalopatia bilirubinica come si evidenzia

    I neonati possono venir colpiti da una condizione patologica come l’encefalopatia bilirubinica, nota anche come kernittero (kernitterus o kernicterus), si tratta nello specifico di una forma di ittero neonatale di natura patologica che si caratterizza per un accumulo di bilirubina nel tessuto cerebrale, a causa dell’infiltrazione di bilirubina in alcune aree del cervello, interessando soprattutto i nuclei della base e dell’ippocampo. La penetrazione della bilirubina si verifica attraverso la barriera emato-encefalica, una zona che nei bambini più grandi risulta essere più permeabile, invece nel corso della vita intrauterina l’elevata bilirubina secreta passa alla madre attraverso la placenta per essere in seguito eliminata dal fegato della madre. I neonati interessati da questa condizione patologica manifestano una sintomatologia caratterizzata da: itterizia, epatosplenomegalia, danni cerebrali (paralisi cerebrale coreoatetosica, ritardo mentale), letargia, paresi dello sguardo, spasmi. Per altre notizie si rimanda alla lettura di http://www.bilirubina.info/ittero-da-latte-materno/. Continue reading

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